La convocazione di domani, al Ministero del Lavoro, è una risposta burocratica che non consentendo il minimo confronto di merito sulla piattaforma sindacale renderebbe inevitabile la proclamazione dello sciopero generale del comparto. Il confronto, se vuol avere un senso, deve vedere il MIUR come protagonista, non come soggetto relegato in un ruolo marginale.
Abbiamo indicato in modo molto puntuale i temi alla base della mobilitazione, che non è una generica espressione di disagio e protesta, ma la rivendicazione di risposte immediate su questioni assolutamente urgenti e per noi ineludibili. Porre le basi, anzitutto economiche, per un rinnovo contrattuale che dia risposte significative a un’emergenza salariale nota a tutti. Ad oggi per il personale del comparto istruzione e ricerca si profilano aumenti che sono meno della metà di quelli ottenuti col contratto precedente.
Decisioni urgenti sono necessarie anche per evitare che la precarietà continui a dilagare, anziché ridursi. Una situazione non solo ingiusta, ma anche del tutto illogica: non si vede infatti per quale ragione non si possa rendere stabile il lavoro su decine e decine di migliaia di posti che non hanno nulla di “provvisorio”, essendo invece indispensabili per l’ordinario svolgimento delle attività. Attività che la scuola offre grazie al lavoro di precari condannati a rimanere tali per chissà quanto tempo, salvo sentirsi dire che per essere assunti stabilmente sul lavoro che stanno facendo da anni “devono essere selezionati”. Chiediamo interventi urgenti, senza i quali il prossimo anno scolastico vedrà moltiplicarsi problemi e disagi.
Decisioni immediate sono possibili e per noi necessarie sul versante del personale ATA, dove occorre sbloccare assunzioni e riattivare percorsi di mobilità professionale: tutte cose che non richiedono ingenti risorse né interventi di legge, ma solo idee chiare e volontà politica.
C’è infine, ma non certo ultima per importanza, la questione dei progetti di regionalizzazione della scuola, che non possono certo andare avanti alla chetichella come fin qui avvenuto. Il tema non riguarda esclusivamente le Regioni richiedenti, ma l’intero Paese, e come tale dev’essere fatto oggetto di un ampio dibattito a livello politico e sociale.
Trasformare il tentativo di conciliazione in un mero adempimento burocratico significherebbe non aver colto le ragioni della nostra richiesta, sarebbe un atto incomprensibile che aprirebbe la strada all’inasprimento inevitabile della mobilitazione.
Roma, 3 aprile 2019
Maddalena Gissi, segretaria generale CISL Scuola