UNA LEGGE DI BILANCIO CHE NON GUARDA LONTANO

Con la fiducia votata oggi al Senato ottiene il definitivo via libera la legge di bilancio per il 2021, al termine di una discussione blindata a causa dei tempi ristrettissimi per giungere all’approvazione evitando il ricorso all’esercizio provvisorio. 

Non sono poche le misure riguardanti la scuola, dalle assunzioni alla didattica innovativa, agli interventi per device e connettività, per il sistema duale, per lo svolgimento degli esami di stato, alla previsione di nuovi corsi ad indirizzo jazzistico nei licei musicali.

Alcuni emendamenti, attivamente sollecitati dalla CISL Scuola, hanno certamente migliorato il testo base. Rimane però una profonda delusione perché, al di là di tante promesse e dichiarazioni, non viene delineato un progetto di ampio respiro per la scuola italiana, come sarebbe stato auspicabile; si perde invece l’occasione per avviare a soluzione problemi strutturali del nostro sistema, resi più evidenti dall’emergenza pandemica. La legge di bilancio poteva rappresentare il concreto avvio di interventi risolutivi, che ancora una volta vengono rimandati sine die.

Manca anzitutto, nella legge di bilancio, l’investimento di risorse per riconoscere in modo adeguato, in termini economici, la professionalità del personale, sempre richiamata in tante dichiarazioni. Con le risorse finalizzate ai contratti non vi è alcun margine di recupero significativo per gli stipendi del settore scuola, destinate dunque a rimanere tra le più basse nell’intera pubblica amministrazione. Sarebbe stato quindi indispensabile, e ci attendevamo un preciso impegno in tal senso, rifinanziare adeguatamente il fondo per la valorizzazione dei docenti già previsto nella legge di bilancio per il 2017, a sostegno allora di un imminente rinnovo del contratto, per il quale si rendevano disponibili risorse specificamente destinate al settore scuola. Davvero modesto, poi, lo stanziamento operato sul Fondo per l’ampliamento dell’Offerta formativa (legge 440/97), svuotato da anni di tagli. Addirittura paradossale è la riduzione dell’impegno di spesa per gli esami di Stato, 9 milioni in meno di quanto stanziato con le misure di emergenza per l’anno precedente. 

Per i dirigenti scolastici, lo stanziamento di circa 25 milioni di euro serve unicamente ad evitare che addirittura debbano restituire la retribuzione percepita nel 2019/2020 sulla base dei contratti regionali del 2016/2017. Se da un lato lo stanziamento testimonia in tutta evidenza il taglio sulle retribuzioni operato dal MEF e dalla mancata compensazione dell’aumentato numero dei dirigenti scolastici in servizio, dall’altro non risolve il problema per gli anni successivi, aggravato anche dal fatto che le reggenze saranno retribuite con i fondi destinati alla retribuzione di posizione parte variabile.

Fra le altre misure, alcune sono state inserite con riferimento al solo 2021/2022, come nel caso del limite minimo di 500 alunni (300 nelle piccole isole o nei comuni montani o nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche) per mantenere l’autonomia. Ci chiediamo che senso abbia ipotizzare interventi sulla rete scolastica di efficacia temporale così limitata.

Un giudizio positivo riguarda altri interventi, a partire dai 1.000 posti per il potenziamento dell’offerta formativa nella scuola dell’infanzia e dalla proroga fino al 30 giugno 2021 dei contratti del personale assistente tecnico (1.000 unità) assegnato alle scuole del primo ciclo, soprattutto perché per quei posti viene anche previsto un incremento stabile dell’organico.

Confermato inoltre l’incremento degli organici di sostegno per 25.000 posti complessivi nel prossimo triennio (5.000 posti nell’a.s. 2021/2022, 11.000 nel 2022/2023 e 9000 nel 2023/24). A ciò si accompagna la previsione di nuove procedure per l’accesso al ruolo dei docenti su posti di sostegno, ma si tratta dell’ennesimo concorso e non, come sarebbe più opportuno ed efficace, di una procedura per titoli che valorizzi il possesso della specializzazione, conseguita in esito a un percorso altamente selettivo. Previste inoltre attività formative obbligatorie per il personale non in possesso del titolo di specializzazione (25 ore), tema che deve comunque essere ricondotto per sua natura nell’ambito delle relazioni sindacali; non accolta la richiesta della CISL Scuola, che aveva sollecitato l’attivazione di un maggior numero di percorsi di specializzazione da parte delle Università. 

Opportune anche le misure riguardanti la stabilizzazione nel profilo di collaboratore scolastico del personale delle imprese di pulizia, ma senza la previsione di posti aggiuntivi ciò avverrà tagliando altrettante opportunità di lavoro per i precari storici inseriti nelle graduatorie per titoli (24 mesi) del personale ATA.  

Sul piano degli interventi strutturali, appare insufficiente rispetto al fabbisogno l’incremento nel prossimo triennio delle risorse stanziate per l’edilizia scolastica, anche se accompagnata dallo stanziamento di 40 milioni di euro da parte dell’Inail, nello stesso triennio, per la costruzione di scuole innovative in comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti nelle regioni del Sud e nelle Isole. Piuttosto esigue anche le risorse per il contrasto alla povertà educativa (2 milioni di euro per il 2021), sebbene fosse stata da più parti invocata una decisa e specifica azione strutturale in questa direzione.

In definitiva, quella approvata dalle Camere è una legge di bilancio che, pur accogliendo qualcuna delle osservazioni e sollecitazioni formulate in diverse sedi di confronto, manca di un respiro strategico in proiezione pluriennale, tale da consentire un efficace raccordo con la programmazione degli interventi del piano Next Generation EU, e non soddisfa pertanto le attese di un deciso cambio di rotta in direzione di una forte politica di investimento in istruzione e formazione. 

Roma, 30 dicembre 2020

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