
Culpa in vigilando in ambito scolastico
Art. 2048 co.1 c.c. e responsabilità: introduzione
Trattando la culpa in vigilando in ambito scolastico, occorre partire dalla norma di riferimento: l’art. 2048 del codice civile, nello specifico il secondo comma. Esso prevede che “i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.” Analizzando la norma per assurdo, possiamo dedurre che il precettore (insegnante, maestro, se si vuole “svecchiare” la terminologia giuridica del codice) è responsabile di culpa in vigilando ogniqualvolta non rispetti il dovere di sorveglianza e permetta ai propri allievi di commettere un fatto illecito che provocherà danno ad altri o in taluni casi a sé stesso
La responsabilità in cui incorrono insegnanti e sorveglianti è dai più classificata come responsabilità per fatto altrui: essa rappresenta una delle eccezioni al principio aquiliano per cui l’obbligazione di risarcire il danno nasce in capo al soggetto che ha posto in essere la condotta. La logica è chiara nel dirci “chi rompe, paga”, ma in questo genere di responsabilità, il rapporto tra due individui è tale per cui un il soggetto “agente” può a determinate condizioni essere escluso (o comunque corresponsabile).
La responsabilità qui descritta opera quasi sempre secondo presunzione: nella misura che si vedrà con le diverse sentenze, sarà onere del docente o dell’Amministrazione provare il contrario.
Per quanto concerne l’istituto scolastico, è bene chiarire fin da subito che i soggetti coinvolti vanno oltre il semplice rapporto docente – alunno: le conseguenze potranno gravare in capo ai genitori, all’Amministrazione scolastica e agli altri dipendenti della sfera scolastica.
“Danno cagionato da fatto illecito”: natura della responsabilità degli insegnanti e presupposti di applicabilità
La responsabilità per fatto altrui è stata (e in parte è tuttora) contrapposta sia in dottrina sia in giurisprudenza alla responsabilità diretta per fatto proprio. Entrambe rientrano nel sistema più grande della responsabilità per colpa (quindi non oggettiva), ma, a differenza del primo, nel secondo caso la responsabilità è posta direttamente in capo al soggetto in relazione al suo obbligo di vigilanza nei confronti di chi ha causato il fatto illecito. La giurisprudenza di merito ha stabilito che non siamo in presenza di responsabilità oggettiva, ma ha poi concentrato le sue decisioni su aspetti più pratici che permettessero di delimitare l’ambito di applicazione dell’art. 2048 c.c. anche nei casi più incerti. In particolare, la Cassazione ha stabilito la contrattualità del rapporto scuola – studente (con tutte le conseguenze che ne derivano) e ha introdotto il concetto di “contatto sociale” nel rapporto insegnante – alunno.
Corte di Cassazione – Civ. sez. III n° 1322/2016: il nesso di causalità tra evento lesivo e condotta
CASO: una professoressa viene colpita in viso da un pallone da uno studente nell’ambito di una gara di pallavolo, rilevando lesioni e danni patrimoniali ingenti.
MASSIMA: partendo dalla norma di riferimento, la S.C. ha chiarito che non è configurabile un’ipotesi di responsabilità oggettiva né per gli allievi né per i precettori. È richiesto infatti che il danno sia conseguenza di un fatto illecito di uno studente o derivato da omissione di vigilanza da parte del precettore o ancora dalla mancanza di predisposizione (da parte della scuola) di misure atte a consentire all’insegnante di evitare il fatto.
MOTIVO PRINCIPALE: nel caso, l’azione dello studente risulta collegata funzionalmente alla gioco (gara si precisa) che si sta svolgendo, non è presente quella volontà di ledere il terzo o di usare violenza che renderebbero sicuramente riconducibile il fatto alla fattispecie di cui all’art. 2048. Pertanto la S.C. rigetta il ricorso della professoressa (eredi perché già deceduta)
Corte di Cassazione – Civ. sez. III n° 10516/2017: responsabilità contrattuale e il c.d. contatto sociale
CASO: due genitori ricorrono per la morte del proprio figlio, rimasto incastrato nella porta di un autobus (il cui autista aveva chiuso le porte in seguito al segnale della maestra) e poi trascinato, con conseguente decesso.
MASSIMA: la responsabilità dell’istituto scolastico e del docente è di tipo contrattuale, derivante nel primo caso dall’accoglimento della domanda di iscrizione, nel secondo caso in forza del c.d. contatto sociale.
La regola di diritto enunciata era già stata formulata dalla Corte in tema di condotta autolesiva, ma per la prima volta viene applicata nei casi in cui il danno cagionato all’alunno avviene per omessa vigilanza o controllo degli organi scolastici.
MOTIVO PRINCIPALE: la S.C. ha condannato il Ministero dell’Istruzione e gli insegnanti coinvolti al risarcimento nei confronti dei genitori in quanto responsabili contrattualmente di aver omesso la vigilanza dell’alunno. I limiti spaziali e temporali (come si vedrà più avanti) indicati dall’Amministrazione scolastica non escludono gli obblighi di protezione derivanti dalla natura contrattuale del rapporto alunno – insegnanti – Amministrazione.
Corte di Cassazione – Civ. sez. III n° 11751/2013: il c.d. contatto sociale: duplice obbligo
CASO: un alunna si vede incendiare, nel corso di una recita, il vestito da un suo compagno, riportando gravi ustioni.
MASSIMA: in seguito all’instaurazione del contatto sociale, in capo ai docenti sorge un duplice obbligo: da un lato l’obbligo di insegnare ed educare, dall’altro (secondario rispetto al primo) quello di vigilare sull’incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, ponendoli al riparo da pericoli per fatto proprio e per fatto di terzi.
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione riconosce la responsabilità all’Amministrazione scolastica perché non è riuscita a provare di aver messo in atto quelle tutele preventive, disciplinari e prescrittive, al fine di impedire un evento simile (il vestito risultava altamente infiammabile), mancando quindi al necessario dovere (seppur secondario) di vigilare sull’incolumità fisica dei propri vigilati.
Corte di Cassazione, SS.UU. Civ. n° 2656/2008: la residualità del fine educativo nelle scelte operate dall’istituzione scolastica
CASO: un genitore di un alunno di scuola primaria contestava alla scuola l’insegnamento di argomenti di educazione sessuale, affermando il diritto esclusivo (di matrice costituzionale) ad educare i figli.
MASSIMA: è necessario un bilanciamento tra i diritti all’educazione dei genitori e la libertà di insegnamento dettate entrambe dalla Costituzione, tenuto conto del ruolo educativo (sebbene secondario) che i docenti devono rispettare congiuntamente alla famiglia
MOTIVO PRINCIPALE: la Corte ha trattato in quest’ordinanza il tema della giurisdizione, rimandando la decisione al giudice amministrativo, ma ha anche legittimato un insegnamento che contrasti con la volontà e la mentalità dei genitori, senza possibilità di opporre un veto da parte sei singoli genitori.
Corte di Cassazione, Civ. sez. VI n° 20475/2015: il presupposto dell’affidamento alla sorveglianza dell’insegnante
CASO: Un alunna cade durante lo svolgimento delle lezioni, riportando danni permanenti (caduta di denti)
MASSIMA: il presupposto per l’applicabilità della fattispecie di cui all’art. 2048 è dato dalla circostanza che l’alunno sia stato affidato all’insegnante: sull’attore grava l’onere (ex art. 1218 c.c.) di provare che l’evento dannoso si sia verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla sorveglianza (quindi nel contesto del rapporto alunno – scuola), tralasciando la natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità; sull’amministrazione scolastica grava l’onere di fornire la prova liberatoria (prova per cui l’evento non sarebbe stato evitabile neanche con una condotta inattaccabile del docente)
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione rigetta il ricorso proposto dal M.I.U.R. in quanto non ha fornito un’adeguata prova liberatoria, mentre risulta certo che l’alunno fosse nell’edificio scolastico, quindi sotto la sorveglianza dell’Amministrazione pubblica.
Conformi a quest’ultima sentenza troviamo anche:
Corte di Cassazione, Civ. sez. VI n° 3081/2015 (nel merito, la Cassazione ha escluso la responsabilità dell’istituzione scolastica per l’infortunio di un minore avvenuto dopo l’uscita da scuola e conseguente la caduta dal parapetto della scala dell’edificio scolastico dovuta alla spinta di un compagno; la S.C. specifica che gli obblighi di sorveglianza solo quando gli allievi si trovano all’interno dell’edificio: ciò che accade sui gradini di ingresso potrebbe riguardare una responsabilità del custode).
Corte di Cassazione,
Corte di Cassazione, Civ. sez III n° 2272/2005 (la Corte ha escluso la responsabilità dell’Amministrazione scolastica per il ferimento da arma da fuoco di un minore da parte di un nomade con cui aveva avuto un litigio il giorno precedente, in quanto l’alunno aveva deliberatamente deciso di allontanarsi dalla scuola prima ancora di entrarvi,; in nessun modo risultava affidato alla scuola, tanto più che il parcheggio in cui il fatto è avvenuto non era adibito ad uso esclusivo scolastico)
Condotta autolesiva dello studente: la responsabilità dell’Amministrazione
Come già anticipato nella sent. 10516/2017, la responsabilità contrattuale del rapporto scuola – alunno – insegnante era già stata asseverata in numerose sentenze della Cassazione, ma nel caso particolare di condotta autolesiva. Questo tipo di condotta segue il regime probatorio indicato dall’art. 1218 c.c. (responsabilità del debitore): essa prevede (per quanto riguarda la scuola) di provare la non imputabilità della causa che ha provocato il danno; l’art. 2048 c.c., come verrà approfondito in una sentenza del paragrafo, prevede un aggravio di prova. L’Amministrazione che non riuscirà a provare la non imputabilità descritta, risulterà responsabile e sarà tale per tutto l’arco di tempo in cui gli alunni si trovano sottoposti alla vigilanza del personale scolastico, fino alla consegna in custodia ad altro addetto alla vigilanza (genitore o custode). Quando tratta della culpa in vigilando per condotte autolesive, la Corte tende a non scorporare la responsabilità dell’Amministrazione da quella del docente: il regime probatorio di cui all’art. 1218 è applicabile tanto per l’insegnante quanto per l’Amministrazione.
In occasione dell’emergenza sanitaria, il Governo non ha fornito istruzioni in merito alla responsabilità dei docenti; l’INAIL ha chiarito che le attività ricomprese ai fini assicurativi sono anche quelle in cui è previsto l’utilizzo di macchine elettriche (computer compresi) nelle esercitazioni pratiche che siano caratterizzante da costanza, quali potrebbero essere le lezione in DAD. Se invece si vuole seguire un filo logico giurisprudenziale, occorre guardare a tutti quei casi in cui gli alunni si infortunino autonomamente: la Suprema Corte ha chiarito più volte che in questi casi la responsabilità incorre in capo all’Amministrazione.
Corte di Cassazione, SS. UU. n° 9346/2002: la responsabilità contrattuale dell’Amministrazione e dell’insegnante secondo le Sezioni Unite
CASO: durante una lezione di educazione fisica svolta in classe, un’allieva cade mentre saltava tra i banchi rincorrendosi con i suoi compagni, provocando la rottura di due denti incisivi.
MASSIMA: nel caso di danno arrecato a sé stesso, la responsabilità riconosciuta all’istituto e all’insegnante è di natura contrattuale: nel primo caso gli obblighi di vigilanza sull’incolumità e sulla sicurezza nel tempo in cui usufruisce degli spazi scolastici derivano dall’accoglimento della domanda di iscrizione; nel secondo caso, gli obblighi di educare e istruire, nonché gli obblighi secondari di protezione e vigilanza, derivano dal rapporto giuridico del “contatto sociale”. In questo contesto è applicabile il regime probatorio ravvisabile nell’art. 1218 c.c.: l’attore dovrà provare che il danno si è verificato nel corso del rapporto, l’altra parte dovrà dimostrare che la causa scatenante non è imputabile né alla scuola né all’insegnante.
MOTIVO PRINCIPALE: le Sezioni Unite Civili della Cassazione, con questa sentenza, hanno affermato un principio di diritto che nei vent’anni successivi è stato declinato in tutte le sue forme concrete possibili, di cui vedremo alcuni esempi. Come si vedrà in tema di responsabilità dei docenti, questa sentenza ha anche chiarito la natura della presunzione di responsabilità a loro carico.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n°21593/2017: la durata dell’obbligo di vigilanza sull’Amministrazione scolastica: il regolamento scolastico
CASO: all’uscita da scuola, un alunno viene investito mortalmente da un autobus di linea
MASSIMA: se previsto dal regolamento scolastico, l’obbligo di vigilanza grava fino a quando l’alunno non è preso in consegna da altro soggetto vigilante
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione respinge il ricorso del Ministero in quanto il personale scolastico, violando il proprio regolamento, venuto meno al dovere di sorveglianza, incorre in responsabilità per culpa in vigilando. Si rende necessario precisare che la suddetta ordinanza fa riferimento ad un caso specifico e l’Amministrazione risponde per inadempimento del regolamento.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 3695/2016: la natura contrattuale del danno provocato dall’alunno a sé stesso
CASO: un’alunna scivola negli spogliatoi della palestra a causa del pavimento bagnato
MASSIMA: nei casi di condotta autolesiva degli alunni, sorge responsabilità contrattuale in capo all’istituto scolastico e al docente, derivante nel primo caso dall’accoglimento della domanda di iscrizione, nel secondo caso dal c.d. contatto sociale; sarà onere della scuola dimostrare che il fatto è avvenuto per causa non imputabile ad essa o al docente, mentre l’attore dovrà dimostrare che l’evento è avvenuto nell’ambito del rapporto scuola – allievo.
MOTIVO PRINCIPALE: il giudice di merito ha posto sull’istituto scolastico l’onere di provare la messa in sicurezza degli edifici (prevedendone la pericolosità) al fine di salvaguardare l’incolumità dei propri studenti.
Conforme a questa sentenza troviamo anche:
Corte di Cassazione, Civ. sez. VI n° 24835/2011 (è riconosciuto il caso fortuito per la caduta di un’alunna mentre questa si recava in bagno in quanto l’Amministrazione ha dimostrato l’assidua e oculata vigilanza del proprio personale)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 2413/2014: il rapporto tra condotta autolesiva e fatto illecito provocato a terzi
CASO: un alunno subisce un infortunio durante una gita scolastica: assieme ad altri studenti, l’alunno sale su una catena di ferro tenuta da due pilastri di mattoni per fotografare, provocando un crollo di uno dei due pilastri, con conseguenti danni.
MASSIMA: la presunzione di responsabilità ex art. 2048 c.c. si applica nel caso di danno causato da fatto illecito dell’allievo nei confronti di terzi; nel caso di condotta autolesiva, si applica il regime probatorio previsto dall’art. 1218 c.c.. Nel primo caso, occorre per l’insegnante provare di aver adottato in via preventiva le misure atte ad evitare il sorgere di situazioni di pericolo, nonché la dimostrazione di non aver potuto compiere in alcun modo un intervento correttivo; nel secondo caso, è necessario provare solamente che la causa che ha provocato il danno non è imputabile né alla scuola né all’insegnante.
MOTIVO PRINCIPALE: la Corte ha rilevato che l’Amministrazione non ha assolto alcun onere probatorio, senza alcun riguardo alla distinzione appena fatta; ha quindi rigettato il ricorso.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 3612/2014: la natura contrattuale della responsabilità della scuola per autolesioni degli allievi
CASO: un allievo di una scuola di sci riporta un danno in seguito ad una caduta.
MASSIMA: nei casi di condotte autolesive, per il risarcimento dei danni si ritiene applicabile il regime probatorio previsto dall’art. 1218 c.c.: graverà sul creditore provare l’inesattezza dell’adempimento, come, ad esempio, la violazione di doveri accessori (quello di informazione) o la mancata osservanza dell’obbligo di diligenza; il debitore dovrà dimostrare, al contrario, l’avvenuto (esatto) adempimento.
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione non ha ravvisato responsabilità della scuola di sci: tenendo conto della necessaria possibilità di cadere al fine di poter imparare, la Corte ha stabilito che le lesioni sono avvenute in seguito ad una perdita di equilibrio dell’allievo.
Conforme a questa sentenza troviamo anche:
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 9437/2012 (un allievo minorenne di una scuola di sci cade e subisce lesioni)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 22752/2013: la responsabilità contrattuale dell’istituto scolastico per le condotte autolesive con precisazione dei luoghi interessati
CASO: un alunna di scuola elementare, lasciata dallo scuolabus nel parcheggio dell’istituto scolastico, cade da un muretto privo di alcuna recinzione in una zona sottostante dove si trova il locale caldaia, riportando numerose lesioni.
MASSIMA: con l’approvazione della domanda di iscrizione presso l’istituto scolastico, sorge su questi un vincolo negoziale che sottintende un dovere di vigilanza e sorveglianza, nonché di salvaguardia dell’incolumità dei singoli, i quali si estendono per tutto il tempo in cui gli alunni usufruiscono dei servizi e comprendono tutti gli spazi scolastici, pertinenze comprese. La salvaguardia dell’incolumità si attua anche mediante accorgimenti preventivi.
MOTIVO PRINCIPALE: la Corte ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione in quanto non erano state predisposte misure adeguate per evitare il fatto.
Conforme a questa sentenza troviamo anche:
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 19160/2012 (riguardante anch’essa pertinenze ad uso scolastico, sottolineando che quanto avviene al di fuori degli edifici scolastici e luoghi di competenza, potrebbe integrare la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.)
Corte di Cassazione, Civ. sez. Vi n° 3680/2011: la responsabilità dell’istituto e la presenza di animali randagi
CASO: una studentessa viene aggredita da un cane randagio pochi minuti dopo la fine delle lezioni nel cortile dell’istituto.
MASSIMA: l’Amministrazione ha l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo, predisponendo tutte le misure preventive necessarie affinché non si introducano terzi (persone o animali) che rappresentino un pericolo per gli alunni. Per quanto riguarda l’onere probatorio, il danneggiato deve provare che l’evento è avvenuto negli spazi scolastici, mentre la scuola ha l’onere contrario di dimostrare che il fatto è avvenuto per causa ad essa non imputabile.
MOTIVO PRINCIPALE: la Suprema Corte accoglie il ricorso della studentessa, ammettendo la presenza di una doppia responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale) che fa sorgere una responsabilità in capo alla scuola per omessa vigilanza nel tempo in cui la suddetta studentessa ha usufruito degli ambienti scolastici.
La responsabilità dei docenti, le condotte autolesive e la legittimazione passiva
Analizzando la condotta autolesiva, si può notare come la responsabilità dei docenti sia stata più volte confermata di natura contrattuale, esattamente come l’Amministrazione. In tema di risarcimento, i docenti si trovano in rapporto organico con l’istituzione statale più che con il singolo istituto, rapporto che legittima passivamente il Ministero della Pubblica Istruzione nelle relative controversie. Questo fa si che il Ministero sia responsabile della condotta del proprio insegnante, quindi il risarcimento nei confronti dei danneggiati sarà erogato dall’organo statale, con possibile eventuale rivalsa nei confronti dell’insegnante solamente se ravvisabile dolo o colpa grave nei limiti stabiliti dalla Suprema Corte. Il riferimento normativo in cui è ravvisabile tale regola è l’art. 61 della legge 312/1980, il quale al primo comma afferma che “la responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna elementare, secondaria ed artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati direttamente alla Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni, è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza sugli alunni stessi”; al secondo comma, la norma specifica che “la limitazione di cui al comma precedente si applica anche alla responsabilità del predetto personale verso l’Amministrazione che risarcisca Il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave l’Amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi”.
La Cassazione ha poi affrontato il tema delle autolesioni in relazione alla presunzione di responsabilità del docente, da un lato ammettendo quest’ultima solamente nei casi di danni provocati a terzi, dall’altro lasciando spazio alla valutazione in concreto del giudice.
Corte di Cassazione, SS.UU. n° 9346/2002: esclusione della presunzione di responsabilità
CASO: durante una lezione di educazione fisica svolta in classe, un’allieva cade mentre saltava tra i banchi rincorrendosi con i suoi compagni, provocando la rottura di due denti incisivi.
MASSIMA: se l’allievo procura danni a sé stesso, non è applicabile la presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048 c.c., trovando attuazione nel danno cagionato da un fatto illecito ad un terzo.
MOTIVO PRINCIPALE: la decisione delle Sezioni Unite rimarrà tale anche per le decisioni seguenti; tuttavia verranno chiariti determinati aspetti in merito alla valutazione pragmatica degli accadimenti.
Conformi a questa sentenza troviamo anche
Corte di Cassazione, Civ. sez. VI n° 19110/2020 (l’allievo danneggiato afferma di essersi procurato la lesione in seguito ad una violenta spinta di un compagno contro un sedile dell’autobus; la Cassazione, ricalcando la decisione delle Sezioni Unite, conferma la possibilità di non poter presumere la colpevolezza dell’insegnante per omessa vigilanza nel danno da autolesione, quindi è onere del danneggiato dimostrare l’elemento soggettivo a carico del docente)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 10030/2006 (pur ripercorrendo la strada intrapresa dalle Sezioni Unite, qui viene chiarito che se il giudice di merito ha accertato i fatti che hanno portato concretamente alla responsabilità dell’Amministrazione, pur avendo ritenuto erroneamente estensibile la presunzione di responsabilità, la S.C. può correggere la motivazione, salvando il dispositivo conforme).
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 10042/2006: il rapporto organico tra docente – Ministero della Pubblica Istruzione
CASO: uno studente subisce un danno all’occhio causato da una scheggia metallica durante un’esercitazione senza che gli venissero fatti usare egli occhiali protettivi.
MASSIMA: i docenti delle scuole di istruzione superiore si trovano in rapporto organico con l’Amministrazione statale; i loro comportamenti sono riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione, il quale ha (ed è l’unico soggetto ad avere questo diritto) legittimazione passiva in tutte le controversie relative a culpa in vigilando dei docenti. Nei casi di omessa vigilanza (compresi quelli in cui l’insegnante abbia delegato a terzo il proprio ruolo di vigilante), il docente è esonerato dalle conseguenze della responsabilità di cui all’art. 2048 c.c. solamente sul piano processuale: a livello sostanziale, le conseguenze dei giudizi potranno avere ripercussioni anche sui docenti.
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata in cui veniva eccepita la responsabilità sia dell’insegnante sia del Ministero, in quanto, proprio a causa del rapporto organico enunciato dalla Corte, sul piano processuale l’insegnante è escluso dal giudizio (non su quello sostanziale).
Conformi a questa decisione troviamo:
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 2839/2005 (l’art. 61 della legge 312/1980 è applicabile nei casi di danno provocato da un allievo ad un altro allievo e il dolo o la colpa grave dell’insegnante sarà accertata solamente se il Ministero della Pubblica Istruzione eserciterà azione di rivalsa nei suoi confronti).
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 6723/2005 (secondo un certo orientamento, l’art. 61 della legge 312/1980, riformando la disciplina della responsabilità scolastica, avrebbe eliminato la presunzione di colpevolezza nei confronti del docente, aggravando l’onere di cui all’art. 2048 c.c. e ponendo a carico del danneggiato l’onere di provare la colpa grave o il dolo).
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 9752/2005 (in seguito alla legge delega 59/1997, hanno acquisito personalità giuridica diversi istituti, tra cui circoli didattici, scuole medie e istituti di istruzione secondaria, rendendo legittimato passivo per i comportamenti tenuti dai loro docenti il Ministero della Pubblica Istruzione).
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 5067/2010: l’esclusione della legittimazione passiva del docente nei casi di danno a sé stesso dell’alunno
CASO: un alunno subisce un infortunio durante la lezione di educazione fisica
MASSIMA: l’insegnante è privo di legittimazione passiva anche nei casi in cui l’alunno procuri lesioni a sé stesso, salvo diritto di rivalsa da parte dell’Amministrazione (l’insegnante sarà obbligato se la controparte amministrativa dimostra la sussistenza di dolo o colpa grave)
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione accoglie in parte il ricorso proposto dai genitori dello studente, riformando la decisione di Corte d’Appello nella parte in cui non viene riconosciuto il danno morale; argomentando la propria decisione, la S.C. ci ha fornito un importante orientamento sul tema della responsabilità contrattuale del docente derivante dal contatto sociale, sottolineando la correttezza della decisione dii Corte d’Appello nel giudicare non legittimati passivamente né il dirigente scolastico né il docente di educazione fisica.
La responsabilità dei genitori: culpa in educando
Se la responsabilità dei docenti e della scuola appare sufficiente a coprire le condotte illecite dei propri studente, non è da escludere a priori una certa responsabilità dei genitori (o esercenti della potestà genitoriale) per le azioni commesse dai propri figli quando questi non si trovano sotto la loro vigilanza. Secondo l’art. 30 della Costituzione, “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio…”, implicando quindi un dovere di rango costituzionale (che, come il diritto – dovere all’istruzione, essendo una situazione giuridica soggettiva articolata, non può prescindere dal suo complementare diritto) in capo ai genitori di educare adeguatamente i propri figli. Ci sono infatti alcune condotte violente di allievi che difficilmente trovano come unico capro espiatorio l’omessa vigilanza o la mancata disposizione di misure di sicurezza. Sempre più frequenti risultano quei fenomeni di c.d. “bullismo” che, pur dovendo essere arginati dal personale docente, trovano la loro fonte in una colpa più lontana dei genitori, la culpa in educando. Secondo l’art. 2048 comma I, “il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante”.
Ne discende la possibilità (criticata da alcuni, lodata da altri) di configurare un concorso di colpa tra genitori e insegnanti, in quanto i genitori non si vedono esclusa la responsabilità genitoriale solamente per il fatto che il proprio figlio sia affidato ad altri. Ma non solo: i genitori sono responsabili anche al di fuori dell’ambito scolastico, in tutti i casi in cui il figlio commetta illecito e sia ravvisabile culpa in educando (anche in questo caso opera una presunzione di colpevolezza, spetterà al genitore dimostrare la sua non colpevolezza nelle modalità che si vedranno nel paragrafo successivo).
Uno dei requisiti essenziali affinché operi la responsabilità da culpa in educando è data dalla coabitazione: la Suprema Corte ha recentemente ribadito che la sola convivenza può permettere ai genitori o chi per loro di impartire un’adeguata educazione. Il problema del requisito di coabitazione per genitori separati o divorziati si risolve con l’art. 155, il quale al terzo comma ci dice che “… le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli…”, ammettendo quindi che anche nei casi in cui la coabitazione non sia continuata, le scelte di maggior interesse in tema di educazione saranno fatte dai genitori nello stesso modo.
Corte di Cassazione, Civ. sez. II n° 3964/2014: la necessità di una costante opera educativa
CASO: una ragazza sedicenne attraversa la strada sulle strisce pedonali, con semaforo rosso, e viene investita da una moto, provocando danni anche al motociclista
MASSIMA: la responsabilità dei genitori per culpa in educando per i fatti illeciti commessi dal figlio minorenne e convivente è collegata ai doveri inderogabili di educazione della prole, al fine di garantire una costante opera educativa che sappia modificare e correggere comportamenti errati che permettano di creare una persona equilibrata e consapevole.
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione afferma che l’obbligo di educazione (a differenza di quello di vigilanza) non può venir meno, quindi i genitori dovranno dimostrare di fronte al giudice di primo grado di aver impartito un’educazione adeguata.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 18804/2009: la natura educativa dei comportamenti assunti dai genitori
CASO: un ragazzo viene ucciso da un minorenne in seguito ad una provocazione
MASSIMA: L’educazione dei figli “non consiste solo di parole, ma anche e soprattutto di comportamenti e di presenza accanto ai figli, a fronte di circostanze che essi possono non essere in grado di capire o di affrontare equilibratamente. Proprio con l’avvicinarsi dei figli alla maggiore età – allorché acquisita la capacità di fare del male tanto quanto un adulto, serbando però l’inettitudine a dominare i propri istinti e le altrui offese, che caratterizza l’età immatura – il minore ha particolare bisogno di essere sostenuto, rasserenato ed anche controllato.”
MOTIVO PRINCIPALE: la Corte rigetta il ricorso dei genitori del minorenne che asserivano di aver impartito una buona educazione al figlio, affermando la totale non rilevanza che il minore stesse per raggiungere la maggiore età, il fallimento dell’opera educativa e l’esempio paterno che ha in qualche modo ferito la sensibilità del minore, portandolo ad azioni irreparabili.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 12501/2000: culpa in vigilando dei docenti e culpa in educando dei genitori
CASO: durante una lezione di disegno in un liceo, uno studente lancia una gomma contro un compagno, il quale subisce gravi lesioni all’occhio.
MASSIMA: la responsabilità dell’insegnante e del genitore non sono tra loro alternative: l’affidamento all’insegante solleva i genitori da culpa in vigilando, ma non dalla culpa in educando. I genitori saranno tenuti a dimostrare di aver impartito un’adeguata educazione al proprio figlio di modo da prevenire eventuali fatti illeciti.
MOTIVO PRINCIPALE: nel caso, non viene superata la presunzione di colpevolezza indicata dall’art. 2048 c.c. perché il ricorrente non la contesta, quindi non fornisce alcuna prova liberatoria.
Conformi a questa decisione troviamo:
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 8421/2006 (nei casi in cui il minore presenti un’indole irascibile e violenta, i genitori devono provare di aver impartito un’educazione adeguata)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 20322/2005 (il possesso del c.d. “patentino” non esula i genitori coabitanti dal dovere di vigilanza)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 18327/2015 (l’altrui vigilanza non esclude la responsabilità dei genitori)
Corte di Cassazione, Civ. sez. VI n° 540/1997: i danni non patrimoniali
CASO: un minorenne alla guida di un ciclomotore privo di assicurazione provoca lesioni ad un pedone.
MASSIMA: i genitori che incorrono nella responsabilità enunciata dall’art. 2048 c.c. sono obbligati a risarcire i danni nella stessa misura con cui l’obbligazione graverebbe sull’autore dell’illecito (quindi il figlio), perciò dovranno provvedere anche al risarcimento dei danno non patrimoniali.
MOTIVO PRINCIPALE: la Suprema Corte ritiene adeguata la decisione presa in Appello di condannare al risarcimento dei danni i genitori perché non è stata dimostrata l’adeguatezza dell’educazione impartita.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 11198/2019: il presupposto della coabitazione nella responsabilità per culpa in vigilando
CASO: un minore figlio di coniugi separati provoca la morte di un passante a bordo del monociclo del padre; non possedeva il “patentino”, ma solamente il foglio rosa.
MASSIMA: La responsabilità per culpa in educando presuppone la coabitazione perché la sola convivenza garantisce l’adozione delle attività di sorveglianza ed educazione che, se mancanti, integrerebbero la responsabilità di cui al primo comma del 20148 c.c..
MOTIVO PRINCIPALE: la Corte di Cassazione conferma la sentenza impugnata in cui è esclusa la responsabilità della madre per il fatto illecito commesso dal figlio in quanto non conviventi.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 7050/2008: il temporaneo allontanamento del minore dalla casa familiare
CASO: un sedicenne provoca con il suo ciclomotore un incidente con un altro ciclomotore; al momento del sinistro, il ragazzo non vive più on i suoi genitori da due anni.
MASSIMA: i genitori sono da ritenersi responsabili sia per gli illeciti dei figli minorenni causati da omessa vigilanza, sia per gli illeciti riconducibili a mancanze educative; la loro responsabilità non è esclusa per il solo fatto dell’allontanamento temporaneo dalla casa familiare se l’illecito commesso consiste nel mancato rispetto di regole di comportamento nel contesto sociale (ad esempio, inosservanza delle norme della circolazione stradale).
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione riforma il giudizio d’Appello in cui era stata esclusa la responsabilità dei genitori, affermando che nel caso di specie grava ancora sui genitori la dimostrazione di aver impartito un’educazione appropriata.
Presunzione di responsabilità e prova liberatoria, maggiore e minore età
Il meccanismo che opera per la responsabilità derivata da culpa in vigilando o culpa in educando è quello della presunzione di colpa: per quanto riguarda insegnanti e precettori, essi sono ritenuti responsabili a meno che non forniscano una prova liberatoria attestante l’impossibilità di poter evitare il danno in qualunque circostanza possibile e di aver adottato in via preventiva tutte le misure necessarie (la prova dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità giocano un ruolo essenziale); per quanto concerne i genitori, essi sono responsabili fintantoché dimostrino di aver impartito un’educazione adeguata e una vigilanza costante in relazione all’età. Quest’ultimo fattore è particolarmente rilevante ai fini probatori, in quanto la maggiore età (ma anche di età prossima) può integrare il c.d. caso fortuito.
La minore età è spesso fonte di scontro tra la scuola e i genitori: è infatti richiesta spesso da questi ultimi la possibilità di dare il permesso ai propri figli minorenni l’uscita da scuola in maniera autonoma. I profili giuridici, per dirimere le controversie, ci suggeriscono di tenere conto delle condizioni ambientali e la valutazione della prevedibilità in base al fattore età.
Corte di Cassazione, Civ. sez. VI n° 14216/2018: la prova liberatoria del precettore per danno provocato dal suo apprendista
CASO: in seguito ad una lita scoppiata all’interno di un esercizio commerciale, un minore viene ucciso dall’apprendista minorenne del negozio nel momento in cui il proprietario non è presente.
MASSIMA: il precettore o il maestro d’arte deve dimostrare che né lui né un altro precettore diligente avrebbe potuto, nelle medesime condizioni, evitare il fatto.
MOTIVO PRINCIPALE: secondo la Cassazione, per poter valutare l’inevitabilità e l’imprevedibilità dei fatti, nel caso di specie occorre guardare alla “diligenza” del precettore, quindi comparando la condotta da lui tenuta con la condotta di un ideale “precettore diligente”. Non rilevando questa valutazione, la Corte ha cassato rimandando al giudice d’Appello la decisione.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 2334/2018: l’età maggiorenne e l’onere probatorio del precettore (caso fortuito)
CASO: un alunna cade in seguito ad accalcamento e spinte all’uscita dalla palestra dopo la lezione di Educazione Fisica
MASSIMA: il precettore risponde per culpa in vigilando dell’illecito compiuto dagli allievi a lui affidati anche se maggiorenni; la condotta posta in essere da persona maggiorenne (quindi capace di discernimento) comunque vicina alla maggiore età comporta la presunzione del caso fortuito, salva la possibilità per la parte danneggiata di dimostrare la prevedibilità della condotta dannosa o l’omissione da parte del docente della vigilanza necessaria. L ‘onere probatorio del docente si limita alla sola prova della maggiore età come indice di caso fortuito.
MOTIVO PRINCIPALE: la Corte cassa, rinviando al giudice di merito la valutazione sulla possibilità o meno che si trattasse di caso fortuito, data la maggiore età (o comunque l’approssimarsi di questa) degli studenti interessati.
Corte di Cassazione, Civ. sez. VI n° 12842/2017: i gesti “improvvisi” degli allievi si ripercuotono sugli insegnanti
CASO: un alunno, alzandosi repentinamente, urta contro le parti metalliche di un palo della luce situato nel cortile della scuola, provocandosi lesioni.
MASSIMA: per superare la presunzione di responsabilità, i precettori devono dimostrare di aver esercitato la dovuta vigilanza sugli studenti, anche in virtù del carattere repentino e imprevedibile dell’azione.
MOTIVO PRINCIPALE: la S.C. concorda con il giudice di merito, che aveva escluso il difetto di vigilanza e aveva constatato il caso fortuito dell’azione del bambino.
Corte di Cassazione, Civ. sez. I n° 9337/2016: la prova liberatoria e le sue peculiarità
CASO: durante la ricreazione, un ragazzo viene travolto da un ragazzo più grande e, cadendo a terra, riporta lesioni gravi alla testa.
MASSIMA: come prova liberatoria, l’insegnante deve dimostrare di non aver potuto intervenire per correggere la condotta e di aver adottato tutte le misure preventive necessarie ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo. Le azioni del docente devono essere commisurate all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi, tenendo conto che la sorveglianza deve essere più elevata in caso di bambini più piccoli; qualora la visibilità sia ostacolata, non è sufficiente la presenza dei docenti che non riescano a vigilare completamente gli studenti e nemmeno la raccomandazione verbale senza ulteriori misure.
MOTIVO PRINCIPALE: per la Corte, le misure adottate non sono idonee a prevenire il danno e l’accertamento dell’imprevedibilità compiuto in Corte d’Appello non è conforme con le norme civili.
Conforme a questa decisione troviamo:
Corte di Cassazione, Civ. sez. III 30602/2018 (il carattere imprevedibile e repentino dell’azione nulla può quando manchino le più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 9542/2009 (è necessario dimostrare anche di aver adottato tutte le misure disciplinari e organizzative preventive idonee a evitare l’inizio della serie causale che provoca il fatto illecito)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 24475/2014: la prova liberatoria dei genitori e le modalità del fatto illecito
CASO: in una discoteca, un ragazzo sferra un pugno ad un altro ragazzo, provocando lesioni gravi all’occhio.
MASSIMA: a differenza dei precettori, i genitori non devono fornire la prova di non aver potuto impedire il fatto (prova negativa), ma quella di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver vigilato su di lui (prova positiva). L’inadeguatezza dell’educazione impartita e l’omessa vigilanza, in mancanza di prova contraria, possono essere desunte dalla modalità stessa del fatto illecito.
MOTIVO PRINCIPALE: la Corte rigetta il ricorso, ritenendo infondato il motivo presentato dai genitori dell’aggressore per cui il fatto di far frequentare una discoteca in cui sono presenti solo ragazzi non integra l’omessa vigilanza.
Conforme a questa decisione troviamo:
Corte di Cassazione, Civ sez. III n° 26200/2011 (la valutazione del fatto illecito indica il livello di educazione impartita dai genitori per quanto riguarda regole di convivenza civile con gli altri, vigenti nello stesso ambito in cui il figlio si trova ad operare)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 9556/2009: la prova liberatoria e l’irrilevanza della prova di circostanza
CASO: un ragazzo a bordo di uno scooter senza casco provoca danni a terzi
MASSIMA: affinché sia superata la presunzione di responsabilità, i genitori devono dimostrare di aver impartito una sufficiente educazione al fine di poter impostare una corretta vita di relazioni sociali in rapporto all’ambiente, alle abitudini e alla personalità del figlio. Sono da escludere le prove di circostanza (età, esperienze lavorative passate) che escludono il dovere di vigilanza, ma non la sussistenza della culpa in educando.
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione condanna i genitori al pagamento del risarcimento nei confronti di terzi in quanto non risulta escludibile la presunzione di responsabilità.
Conformi a questa decisione troviamo:
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 9509/2007 (ai genitori spetta la prova di aver impartito una vigilanza adeguata all’età)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 15419/2004 (occorre per i genitori dar prova di aver correttamente seguito i doveri imposti dall’art. 147 c.c. relativo ai doveri verso i figli, in particolare l’obbligo di educazione della prole)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 10514/2009: l’onere dello studente danneggiato e l’onere della scuola
CASO: durante una partita di calcio nelle ore di Educazione Fisica, uno studente subisce un infortunio
MASSIMA: mentre la scuola deve dimostrare il fatto impeditivo, quindi di non aver potuto impedire l’evento dannoso, sul danneggiato incombe l’onere di provare il fatto costitutivo perno della sua pretesa.
MOTIVO PRINCIPALE: non viene considerata illecita la condotta che ha provocato il danno se tenuta in una fase di gioco e si è sviluppata normalmente nell’ambito del gioco, sempre che non sia presente un grado di violenza e irruenza incompatibili con il contesto ambientale, l’età e la struttura fisica dei partecipanti.
Conformi con questa sentenza troviamo:
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 3365/2015 (l’art. 2048 solleva il danneggiato dall’onere di provare la colpa del maestro o del precettore, ma non da quello di provare il fatto)
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 4542/2009 (a carico del danneggiato incombe l’onere di dimostrare che il fatto è avvenuto nel tempo in cui era sottoposto alla sorveglianza del personale scolastico affinché operi automaticamente la presunzione di responsabilità per omessa vigilanza).
La responsabilità dei collaboratori scolastici e l’entrata/uscita da scuola
Il codice civile non offre alcuno spunto sulla responsabilità dei collaboratori scolastici. Tuttavia, questa risulta implicita in alcune sentenze della Corte di Cassazione, dove viene indicato più volte il riferimento al “personale scolastico non docente”. Uno dei momenti in cui rileva maggiormente l’importanza dei collaboratori scolastici è l’entrata (o uscita) da scuola: sono loro a dover dare il supporto necessario ai docenti per evitare danni.
Corte di Cassazione, Pen. sez. III n° 14701/2016: l’applicabilità della norma oltre i confini spaziali e temporali
CASO: un alunno mentre percorre il corridoio che porta alla sua classe, viene spinto da alcuni compagni, subendo la rottura di due denti.
MASSIMA: la responsabilità della scuola ricorre anche per condotta colposa del personale scolastico, anche quando si è al di fuori dell’orario di lezione; se è presente la possibilità di ingresso anticipato, è dovere dell’Autorità scolastica vigilare sui propri studenti per tutto il tempo in cui si trovano nell’edificio scolastico. Inoltre, la giovane età degli allievi doveva indurre il personale ad adottare le opportune cautele preventive.
MOTIVO PRINCIPALE: partendo dal fatto che l’alunno si trovasse sotto la vigilanza dei collaboratori scolastici, la Corte accoglie un motivo, specificando che sarebbe stato onere dell’Amministrazione dimostrare di aver posto in atto le cautele preventive più adatte.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 9906/2010: l’assistenza al bagno dei bambini di scuola materna
CASO: un bambino, lasciato incustodito in bagno, subisce lesioni in seguito alla rottura del gancio della cordicella dello scarico che ha comportato danni a un occhio.
MASSIMA: a causa della fascia d’età in cui si trovano i bambini della scuola materna, l’obbligo di vigilanza deve essere ancora più stringente e, per non lasciarli incustoditi, possono avvalersi del restante personale scolastico
MOTIVO PRINCIPALE: il Ministero competente è tenuto a risarcire i danni al minore in quanto non è stata superata quella presunzione di responsabilità dall’Amministrazione scolastica.
La responsabilità dei dirigenti (culpa in organizzando): il fenomeno del bullismo
La normativa italiana in tema di bullismo presenta un vuoto normativo in cui esso non è considerato come reato, ma vengono punite le singole condotte collegate ad esso. Finora abbiamo visto i casi di culpa in vigilando e culpa in educando dei docenti e de genitori, profili che ben si prestano ad un’interpretazione orientata a prevenire ed evitare fenomeni di bullismo; per quanto invece riguarda la responsabilità dei Dirigenti, occorre fare riferimento alla c.d. culpa in organizzando derivata da determinate scelte organizzative. Infatti, nelle competenze attribuite alla classe dirigenziale, troviamo la necessità di dare regole in base alle singole situazioni e comminare sanzioni disciplinari adeguate se necessarie. Tuttavia, nell’orientamento della Corte, s è visto un certo lassismo ne confronti dei “bulli”, lasciando la materia aperta alle più disparate interpretazioni. Basti pensare alla sentenza di Cassazione Penale n° 36659/2010, secondo cui la reclusione in un istituto carcerario minorile è eccessivo rispetto agli episodi di bullismo che erano occorsi (in cui erano presenti armi da fuoco funzionanti); misure più leggere sarebbero state più appropriate. Indicazioni precise sono state date recentemente dalla Corte di Cassazione in merito alla reazione al “bullo”, con un’indicazione per il legislatore di provvedere il prima possibile a regolare il fenomeno, soprattutto alla luce della sua spaventosa crescita.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 22541/2019: la reazione alle umiliazioni del bullo
CASO: un minore, vittima di atti di bullismo da parte di un altro minore, reagisce in un secondo momento sferrando un pugno al compagno
MASSIMA: quando l’aggressore è vittima di atti di bullismo, occorre tener conto della personalità del singolo in seguito alla reiterazione delle condotte scorrette, tenute in precedenza del danneggiato.
MOTIVO PRINCIPALE: secondo la Cassazione, il giudice d’Appello avrebbe dovuto tener conto della particolare situazione in cui l’aggressore riversava e del fatto che da parte della scuola non erano state ravvisate condotte atte a correggere questi fenomeni; in questo caso, avrebbe potuto configurare un concorso di colpa.
Casi particolare
La gita scolastica
Uno dei problemi maggiormente sentiti all’interno delle scuole riguarda le gite scolastiche, in quanto momenti di svago che lasciano libertà agli studenti, ma non escludono responsabilità pe. gli insegnanti (Cass. 2413/2014). Essi hanno infatti l’obbligo non solo di scegliere adeguatamente le strutture ospitanti, ma anche di controllare che queste siano conformi al momento dell’arrivo. Questo dovere in capo al docente apre ad un’ampia discrezionalità di scelta di questi, che si vedono investiti di un potere che concretamente comporta difficoltà non trascurabili.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 1769/2012: la responsabilità dei docenti in gita
CASO: una studentessa cade dalla terrazza di un albergo priva di alcuna protezione
MASSIMA: non può essere escluso l’obbligo dell’istituto a provvedere ad una scelta idonea della struttura di accoglienza, mediante verifica preventiva di idoneità e mediante esame del luogo prima di destinarvi gli studenti, cercando soluzioni alternative in caso di esito negativo del sopralluogo.
MOTIVO PRINCIPALE: secondo la S.C., ribaltando le sentenze dei gradi precedenti, è onere dell’Istituzione scolastica dimostrare di aver compiuto controlli preventivi e, sulla base di questi, aver impartito istruzioni adeguate ai propri allievi.
Le gare sportive e gli sport estremi
Come abbiamo potuto notare, le gare sportive tenute in ambiente scolastico (che sia l’istituzione scolastica o la scuola sportiva) devono necessariamente tener conto del contesto e dell’attività sportiva che si sta svolgendo, pur contemplando la responsabilità per culpa in vigilando del docente/maestro. (Cass. 1322/2016 e Cass 3612/2014).
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 9983/2019: l’infortunio derivante dall’arredamento della palestra
CASO: durante una partita di pallamano nelle ore di Educazione Fisica, un alunno, rincorrendo l’avversario, cade scivolando all’esterno del campo e urtando contro la panchina delle riserve.
MASSIMA: ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2048 c.c., è necessario che il danno sia conseguenza di un terzo studente partecipante alla gara (onere gravante sullo studente, sempre se posto in essere con una violenza incompatibile con il gioco svolto, con le condizioni ambientali del luogo o con le qualità dei giocatori, oppure allo specifico scopo di ledere) e che la scuola non abbia posto in essere tutte le misure preventive idonee ad evitare il fatto (onere gravante sulla scuola).
MOTIVO PRINCIPALE: la S.C. ha concordato con il giudice d’Appello nell’escludere la responsabilità della scuola in quanto la panchina, essendo destinata ai giocatori di riserva, era stata ritenuta dal giudice di merito un completamento del campo da gioco.
Corte di Cassazione, Civ, sez. III n° 30979/2018: danni e sport estremi
CASO: dopo aver seguito alcune lezioni teoriche e pratiche, l’allievo di una scuola di deltaplano, collegato via radio al maestro, cade riportando lesioni gravissime.
MASSIMA: in caso di danno da autolesione, la responsabilità della scuola e del docente ha natura contrattuale, derivante nel primo caso dall’ammissione della domanda di iscrizione, nel secondo caso dal contatto sociale, con applicazione del regime probatorio di cui al 1218 c.c.. Nel caso di sport estremi, sulla scuola grava l’onere di fornire un’adeguata istruzione e di vigilare sull’incolumità dell’allievo.
MOTIVO PRINCIPALE: la decisione della Cassazione risulta conforme al giudizio d’Appello: la scuola e l’istruttore sono responsabili perché non hanno dato un adeguato addestramento e avrebbero dovuto escludere dai voli l’allevo; non avevano poi fornito alcuna prova liberatoria da cui potesse risultare il contrario.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 6844/2016: i confini della condotta illecita in ambito sportivo
CASO: un alunno riporta gravi lesioni durante una partita di calcio nelle ore di Educazione Fisica, sotto la supervisione dell’insegnante, in seguito ad una pallonata di un compagno.
MASSIMA: lo studente ha l’onere di provare che l’illecito è stato commesso da un altro studente, la scuola ha l’onere di provare l’inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di cautele preventive idonee.
MOTIVO PRINCIPALE: la Corte decide rigetta il ricorso, affermando che giustamente il giudice di merito aveva ravvisato nella lesione una conseguenza del normale sviluppo del gioco, non connotata da violenza o irruenza incompatibili con le dinamiche dell’attività sportiva svolta.
Conforme a questa sentenza troviamo:
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 16261/2012 (nell’ambito di una partita di calcio svoltasi nelle ore di Educazione Civica, un allievo riceve un calcio da un suo compagno, riportando una frattura all’osso del naso).
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n° 11188/2015: configurazione della responsabilità dell’insegnante
CASO: nel corso di una partita di pallavolo nelle ore di Educazione Fisica, una ragazza si frattura la falange del dito mignolo.
MASSIMA: la responsabilità dell’insegnante si configura nei casi di omessa vigilanza, nei casi in cui consenta ai suoi allievi di svolgere attività violente con mezzi inidonei e nei casi in cui l’attività implichi pericoli maggiori a quelli suscettibili di prevenzione per mezzo di un’assidua vigilanza.
MOTIVO PRINCIPALE: la Suprema Corte ha rimandato la decisione alla Corte d’Appello, la quale aveva ravvisato la responsabilità dell’insegnante e del Ministero; la Cassazione dà indicazione di tener conto della lieve entità del fatto.
Corte di Cassazione, Civ. sez. III n°1197/2007: il contenuto dei programmi scolastici e la loro rilevanza
CASO: un allievo cade riportando una frattura all’avambraccio destro durante una partita di calcio organizzata dal maestro durante le ore di Educazione Fisica.
MASSIMA: è irrilevante ai fini della responsabilità del docente e della scuola per culpa in vigilando la verifica della presenza o meno nei programmi scolastici ministeriali dell’attività svolta.
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione, rispetto al gioco del calcio, ne riconosce il carattere ludico, tanto che è praticato nelle scuole di tutti i livelli come “attività di agonismo non programmatico”; non può quindi considerarsi attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c.. Non rileva quindi la mancata previsione dell’attività nei programmi ministeriali perché non si configura la pericolosità di cui all’articolo citato.
Lo scuolabus
Pur avendo accennato nei vari casi a episodi che coinvolgono lo scuolabus, nulla abbiamo detto sulla responsabilità dell’autista: egli è stato ritenuto in qualche modo soggetto responsabile anche in caso di presenza sia dei docenti sia dei genitori.
Corte di Cassazione, Civ. sez.III n° 2380/2002: le necessarie cautele dell’autista
CASO: dopo esser scesa da un automezzo di trasporto per le scuole gestito dal Comune, una minore viene investita da un veicolo e riporta gravi lesione che ne provocheranno la morte.
MASSIMA: la conduzione del minore dalla fermata dello scuolabus fino alla casa compete al genitori o ad altro soggetto competente, ma qualora non fossero presenti i soggetti vigilanti del minore, l’autista può incorrere in responsabilità se non ha cura di adottare tutte le necessarie cautele.
MOTIVO PRINCIPALE: la Cassazione rigetta il ricorso, pronunciandosi a favore del giudice d’Appello che aveva ravvisato la responsabilità del Comune e dell’autista addetto al servizio; sull’autista gravava un dovere di vigilanza di natura extracontrattuale, disatteso nel momento in cui si è disinteressato delle dovute cautele, ovvero dell’attraversamento della minore in una strada ad alta densità di traffico.
